Il Comune di Lodi ha ingaggiato due esperte di falconeria di Parma per allontanare i piccioni dal cimitero di San Bernardo. Due volte a settimana, e per un totale di 15 interventi, il lunedì e il giovedì due poiane di Harris verranno fatte volare per spaventare e disperdere una colonia formata da circa un centinaio di piccioni, considerati un problema per via degli escrementi.
I rapaci, essendo predatori, verrano riconosciuti come tali dai colombi, che terrorizzati abbandoneranno il cimitero risolvendo il problema una volta per tutte. Sembra tutto molto bello ed efficace, ma funzionerà? Assolutamente no.
Questa tecnica di controllo per gli uccelli considerati problematici in città, come piccioni, gabbiani o storni, viene chiamata bird control e negli ultimi anni si sta diffondendo molto anche in Italia. Apparentemente, sembrerebbe una strategia piuttosto logica ed efficace per allontanare questi uccelli negli ambienti urbani ma si tratta di una soluzione troppo semplice a un problema decisamente più complesso. Chi pratica questa attività sostiene che l'utilizzo di falchi e altri rapaci sia un metodo efficace ed ecologico per tenere a bada piccioni e altri uccelli fastidiosi, ma non ci sono evidenze a supporto di questa tesi, anzi.
Un poiana o un falco in volo sono effettivamente efficaci nell'allontanamento immediato degli altri uccelli, ma occorrerebbe considerare l'incisività del metodo in maniera più ampia e a lungo termine, non in modo episodico. A meno che non si facciano volare rapaci quasi ogni giorno e praticamente in perpetuo (come avevano tentato di fare a Roma legando due poiane su tetto del Campidoglio!) piccioni, storni e altri uccelli di città, ritorneranno in men che non si dica non appena saranno cessate le attività. Si tratta quindi di una strategia abbastanza insostenibile e poco incisiva.
Prede e predatori convivono da sempre e in ogni tipo di ecosistema, incluso quello urbano. I falchi pellegrini (Falco peregrinus), per esempio, hanno ormai colonizzato quasi ogni città del mondo, comprese grandi metropoli come Napoli, Roma e Milano. Vivono quasi esclusivamente di piccioni, storni e altri uccelli di città, ma questo crescente inurbamento dei predatori non ha avuto alcun effetto sul controllo numerico o sull'allontanamento delle altre specie che, al contrario, continuano a prosperare e ad affollare piazze, parchi e giardini.
Finché gabbiani, piccioni, storni e corvidi avranno risorse alimentari e siti idonei in cui nidificare o trascorrere l'inverno, le loro popolazioni continueranno e crescere e a prosperare in città, piazze e giardini. Non c'è falco, aquila o poiana da falconeria che possa evitare che accada. La falconeria come strumento di bird control può certamente essere utile per interventi episodici o strategici, come per esempio il decollo di un aereo, ma per la maggior parte dei casi è in realtà un sistema non efficace, molto costoso e praticamente insostenibile.
Una parte dei falconieri è semplicemente alla continua ricerca di una nuova e più accettabile immagine pubblica che sia al passo coi tempi, un tentativo per trovare nuovi scopi e utilizzi per legittimare (e magari rendere remunerativa) una pratica che ha ormai fatto il suo tempo e che viene considerata anacronistica, eticamente inaccettabile e persino dannosa anche dalla maggior parte delle associazioni ornitologiche, anche se fatta rispettando le regole e impegnandosi davvero per il benessere degli animali.
Nata come antica pratica venatoria particolarmente diffusa tra i nobili del Medioevo, la falconeria altro non è che un hobby, un passatempo basato sulla spettacolarizzazione e lo sfruttamento di animali selvatici che continua ancora oggi ad alimentare indirettamente il bracconaggio e la cattura dei pulli al nido per il mercato nero, come dimostrano le due rare aquile del Bonelli recentemente sequestrate a Porto Empedocle. Chi detiene e obbliga questi animali dall'indole solitaria e con nulle o scarse attitudini sociali, a vivere legati e a stretto contatto con l'uomo, sostiene inoltre che l'utilizzo di falchi e altri rapaci possa essere persino uno strumento di sensibilizzazione.
Risulta però quantomeno difficile comprendere in che modo il privare un animale della propria natura e dei propri bisogni possa avere un effetto educativo sul pubblico, soprattutto sui bambini. Anche se in maniera involontaria, i messaggi che vengono lanciati mettono in evidenza solamente lo sconfinato potere dell'antropocentrismo. Ciò che viene mostrato alle persone è il diritto, del tutto autoattribuito, di poter snaturare e servirsi di un animale a proprio uso e consumo. Quanto di più lontano possa esistere dal rispetto e dalla conservazione delle specie selvatiche nel proprio habitat naturale.