Non sono solo gli umani a soffrire le conseguenze di una separazione e di un divorzio. Quando una coppia decide di dividersi anche gli animali che fanno parte della famiglia oltre a vivere le ricadute emozionali e psicologiche dell’allontanamento si ritrovano spesso al centro di contese anche molto agguerrite.
La legge a oggi non definisce in modo chiaro, determinato e univoco la gestione degli animali che fanno parte di un nucleo familiare, questo perché l’animale d’affezione dal punto di vista giuridico è considerato ancora un "bene mobile”. La legge, cioè, ritiene che lo si possa gestire proprio come qualsiasi altro oggetto: si può cederlo, venderlo e affidarlo, sempre nel rispetto della normativa sul maltrattamento. Il che significa che il cane (o il gatto o gli altri animali di famiglia) può sulla carta essere affidato soltanto sulla base della proprietà certificata, senza tenere conto del suo benessere o della situazione a lui più congeniale.
Poniamo il caso, per esempio, di un cane preso come regalo per un compagno o una compagna, con il chip intestato non a chi se ne prende cura ma semplicemente a chi lo ha di fatto acquistato o adottato: in caso di separazione, se si applicasse la norma alla lettera, dovrebbe essere affidato al suo fattivo proprietario. Quando due persone si separano, però, si possono verificare diverse situazioni che rispondono ad altrettante soluzioni, come conferma Claudia Taccani, avvocato dello Sportello Legale di Oipa.
A chi viene affidato il cane se il divorzio è consensuale?
«Le fattispecie sono varie – spiega Taccani – Ci sono casi in cui nessuno dei due si vuole occupare del cane, ma nella stragrande maggioranza dei casi entrambi vogliono occuparsene ed è qui che è necessario un intervento da parte di mediatori».
Nel caso della separazione consensuale, quella cioè cui si arriva senza un contenzioso in tribunale, sono appunto gli avvocati a fare da mediatori, ascoltando le esigenze delle due parti in causa e, dopo trattative più o meno lunghe, scrivendo nell’accordo di separazione o divorzio le modalità con cui il cane viene gestito: la sua residenza, le eventuali visite, il contributo economico delle due parti. Una volta raggiunto, l’accordo viene ratificato dal giudice e fa da guida alla gestione dell’animale.
A chi viene affidato il cane se il divorzio è giudiziale?
Ci sono poi i casi in cui la separazione o il divorzio non sono consensuali, e uno dei due ormai ex coniugi o entrambi usano il cane per ricattare l’altro, proprio come farebbero con i figli: "Se non mi dai quello che vuoi non ti faccio vedere il cane".
«È bene dire che il chip, obbligatorio, viene intestato sempre a una sola persona – spiega ancora Taccani – e spesso nella fase del litigio chi ha la titolarità del microchip pretende di tenerlo senza mostrare apertura nei confronti dell’altro. Come avvocati però ricordiamo che il microchip dimostra la titolarità e la proprietà ma non è una verità assoluta. Se si riesce a dimostrare che si è di fatto la persona di riferimento per il cane, quella che se ne prende cura per la maggior parte del tempo, si possono avanzare pretese e chiedere al giudice di analizzare il caso».
Il mantenimento del cane dopo la separazione
In generale, aggiunge Tacconi, «il consiglio che diamo da avvocati alle persone con cui ci capita di parlare è, se si decide di prendere un cane, di fare da subito un accordo scritto tra le parti, una scrittura privata con cui le parti dichiarano di volersi prendere cura tutta la vita dell’animale in modo uguale. Dal punto di vista strettamente giuridico il valore è scarso, ma serve soprattutto in caso di separazione conflittuale per aiutare il giudice a farsi un quadro della situazione».
Parlando strettamente di oneri, il mantenimento del cane dopo la separazione dipende dunque dalla tipologia di separazione. In caso di separazione consensuale molto spesso c’è l'accordo tra le parti che disciplina la suddivisione delle spese, che si tratta di cibo o cure veterinarie. Nel caso del cibo capita spesso, come conferma anche l’avvocato, che uno dei due ex partner fornisca un contribuito forfettario mensile per l’acquisto di ciò che il cane necessita, mentre le cure veterinarie sono divise a metà.
In caso di separazione giudiziale è il giudice a stabilire con una sentenza come le spese debbano essere affrontate, e dunque molto dipende dalla sua decisione. Può capitare che il cane venga affidato a una persona diversa da quello che per la legge viene indicato come “proprietario” perché è a lui che è intestato il microchip, e può capitare ugualmente che sia il giudice a stabilire che pur non avendolo più in affidamento questo “proprietario” debba contribuire al suo mantenimento.