Un team di ricercatori finlandesi dell'Università di Helsinki ha pubblicato un articolo su Science Advances in cui si rendono note delle prove che confermano che l'equitazione sarebbe nata attorno a 5000 anni fa negli odierni paesi dell'estremo est europeo, come la Romania e la Georgia.
Gli esperti hanno trovato in queste zone dei tumuli funerari , chiamati kurgan, in cui sono stati scoperti oltre ad un insieme di resti animali e umani – successivamente riconosciuti come appartenenti alla cultura Yamnaya – anche tracce ben visibili sulle ossa correlate all'equitazione. «La pratica di cavalcare sembra essersi evoluta non molto tempo dopo il presunto addomesticamento dei cavalli nelle steppe eurasiatiche occidentali durante il quarto millennio a.C.», ha dichiarato Volker Heyd, professore di Archeologia e membro del team internazionale che ha effettuato la ricerca, sottolineando che l'Europa orientale era il luogo perfetto affinché gli uomini potessero imparare a cavalcare e a spostarsi con questi animali.
Le ampie pianure presenti infatti sul territorio rumeno, come le steppe che circondano il mar Nero, fungevano da ottimi trampolini da lancio per indurre qualsiasi allevatore di cavalli nel voler condurre il proprio animale lontano, verso nuovi territori più fertili, insieme alla propria famiglia. Inoltre, per quanto difficile da raggiungere, quest'area fungeva anche da meta di viaggio per moltissime altre popolazioni, provenienti dall'ovest ma anche dal nord europeo, divenendo in pratica una sorte di area di libero scambio, per i primi timidi passi dell'economia mondiale. Arrivare dunque dal mar Nero fino all'Ungheria poteva essere profittevole, per effettuare i primi scambi commerciali.
«La nostra ricerca sta ora iniziando a fornire un quadro più sfumato sulle interazioni di queste differenti popolazioni – ha spiegato Bianca Preda-Bălănică, altra scienziata che ha fatto parte del team – Ad esempio, sono praticamente inesistenti finora nella documentazione scheletrica tracce di conflitti avvenuti tra questi gruppi umani». In altre parole, i ricercatori per adesso non possono confermare che questi cavalieri utilizzassero i loro animali per la guerra o fossero in grado di concepirla. Anche perché, vista l'importanza del cavallo come mezzo di trasporto e il relativo costo umano che bisognava spendere per allevarne uno, gli archeologi dubitano che gli Yamnaya volessero davvero privarsi di un cavallo per usarlo in maniera così pericolosa come durante una battaglia.
Bisogna anche chiarire che secondo i risultati di diversi scavi descritti nell'articolo, i resti umani ritrovati all'interno dei vari kurgan sono disponibili in numero maggiore e in condizioni migliori rispetto ai fossili appartenenti ai cavalli. Questo può pesare notevolmente nelle considerazioni sul benessere di questi animali e sul non impiego nelle scorribande. «Abbiamo studiato però oltre 217 scheletri provenienti da 39 siti di cui circa 150 trovati nei tumuli funerari appartengono agli Yamnaya. E dalla diagnosi sugli scheletri umani non possiamo definire quale fosse l'occupazione principale di queste persone – ha chiarito Martin Trautmann, bioantropologo dell'Università di Helsinki – Non ci sono tratti singolari che indicano però un certo comportamento violento. Solo nella loro complessiva combinazione, i sintomi (come varie usure delle ossa, la degenerazione vertebrale causata da ripetuti urti verticali o la forma particolarmente arcuata dei femori ndr) acquisiscono un senso e forniscono spunti affidabili per comprendere le loro attività abituali».
Non avendo alla fine lasciato tracce di selle o di fibbie impiegate per cavalcare gli animali (le selle sarebbero comparse effettivamente molto anni dopo, attorno al 700 a.C.), sono dunque gli stessi segni presenti sulla superficie delle ossa degli antichi Yamnaya a portare gli archeologi a credere che questi popoli abbiano passato molto tempo sul dorso dei loro cavalli, in maniera del tutto pacifica.
Una domanda però sorge spontanea, leggendo l'articolo con cui gli archeologi finlandesi comunicano al mondo le loro scoperte: gli uomini scoperti all'interno dei tumuli funerari dell'est Europa non potrebbero aver importato le tecniche di equitazione da un popolo ancora precedente? Sorprendentemente, la risposta a questa domanda potrebbe essere un sì.
«Una tomba datata intorno al 4300 a.C. (ovvero a 6300 anni fa circa ndr) a Csongrad-Kettöshalom in Ungheria– chiarisce David Anthony, professore emerito dell'Hartwick College e coautore dello studio – è stata a lungo indicata come luogo in cui viveva un immigrato dalle steppe orientali europee. Il suo scheletro mostrava quattro delle sei patologie considerate come fattore discriminante per asserire che un soggetto era abituato a cavalcare. La sua tomba risale ad un millennio di anni prima a quelli degli Yamnaya. Essendo però un caso isolato e non disponendo il suo scheletro di tutte e sei le patologie che è possibile osservare in molti cavalieri della storia,non possiamo supportare la teoria che vuole l'equitazione nata nella sua epoca». Anche perché, concludono i ricercatori, nei cimiteri neolitici delle steppe i resti di cavalli e di altri animali venivano occasionalmente collocati in tombe umane per ragioni che prescindono una tradizione di equitazione.
Trovare dunque un reperto umano con artrosi alle anche o altri traumi che possono essere causati non solo da cadute da cavallo ma anche da calci o morsi non comporta necessariamente che l'individuo fosse capace di cavalcare. Indica invece che il suo popolo aveva un forte legame con queste creature e che probabilmente gli animali avevano anche un ruolo affettivo e religioso, oltre che lavorativo, per queste persone.e.
infine, a supporto dell'origine non violenta dell'equitazione, neppure questo caso ungherese porta i segni di eventuali ferite di guerra. L'impiego della cavalleria nelle battaglie dunque dovrebbe essere nata molto più tardi, quando la civiltà ha cominciato a sviluppare società molto più integrate e capaci di assumersi il rischio di perdere in guerra una cavalcatura.