La costante pressione antropica mette da decenni sempre più in difficoltà gli ecosistemi naturali di tutto il mondo, anche nel nostro Paese: esistono, infatti, diverse specie animali estinte in Italia, nonostante la nostra sia la regione con la più alta biodiversità in Europa. Negli ultimi anni c’è una maggiore attenzione all’inquinamento e agli effetti del surriscaldamento globale, come il cambiamento climatico e la conseguente alterazione degli equilibri ecosistemici, vengono inaugurate nuove aree protette, sia marina che terrestri, che affiancano quelle preesistenti e i parchi nazionali e regionali, ma arrestare gli effetti di anni e anni di noncuranza non è un processo semplice, né tanto meno rapido.
Alcune specie si sono già estinte definitivamente, come ad esempio il lupo siciliano, di cui ci restano solo alcuni esemplari in tassidermia, altre sono estinte localmente, come le gru e gli storioni, ma ancora presenti in altre aree del mondo, altre ancora sono minacciate. Per le specie localmente estinte esiste ancora una possibilità: diversi progetti di recupero e di reintroduzione sono stati avviati con successo negli anni, come ad esempio il gipeto, reintrodotto in Appennino e sulle Alpi, l’ibis sacro, che è recentemente tornato a riprodursi in Friuli e Toscana, e l’orso bruno reintrodotto in Trentino.
Il lupo siciliano
Il lupo siciliano (Canis lupus cristaldii) è una sottospecie ormai completamente estinta di lupo grigio, endemica della Sicilia. È stato riconosciuto come sottospecie distinta solo nel 2018, tramite alcuni esami morfologici di un cranio e dei pochi esemplari in tassidermia che ci restano, combinati con un'analisi del Dna mitocondriale dei reperti. La specie, però, era già stata dichiarata estinta un secolo fa.
Si trattava di un animale di dimensioni più modeste e con gli arti più brevi rispetto al lupo appenninico, con una lunghezza media di 105.4 cm e un'altezza alla spalla di 54.6 cm, simile all’odierno lupo arabo. La sua pelliccia era piuttosto chiara e priva della striscia scura tipica degli arti anteriori del lupo appenninico. Era un animale per lo più solitario o che al massimo viveva in coppia, nascosto tra la macchia delle valli montuose siciliane, e attivo prevalentemente di sera.
Il lupo siciliano probabilmente giunse in Sicilia circa 20.000 di anni fa, attraverso un ponte di terra formatosi poco prima. Si è formalmente estinto negli anni 20 del secolo scorso a causa della persecuzione umana, ma il suo declino iniziò ben prima, durante il tardo periodo normanno, quando iniziarono a scarseggiare le sue prede naturali ungulate. Questi animali furono per secoli oggetti di caccia e nell’Ottocento venivano anche offerte ricompense monetarie a seconda dell'esemplare abbattuto. L'ultimo esemplare di cui si hanno notizie certe fu ucciso nel 1924 a Bellolampo, vicino Palermo, sebbene ci siano state alcune segnalazioni negli anni 30, 60 e 70.
La gru cenerina
La gru cenerina o gru euroasiatica (Grus grus) è un grosso uccello migratore un tempo presente anche in Italia, alto circa 120 cm e con un’apertura alare che può raggiungere i 240 cm. Il suo piumaggio, come dice il nome, è prevalentemente grigio, con la tipica macchia rossa sul capo e le striature bianche e nere sul collo.
Attualmente questa specie è largamente diffusa in altre zone e nidifica in Anatolia, Scandinavia, Germania, Polonia e altri paesi dell’est Europa, fino alla Siberia orientale. Percorre ogni anno diversi chilometri per raggiungere le aree di svernamento in Spagna, nord Africa, bacino del Nilo, penisola araba, India e Cina meridionale, volando nelle classiche formazioni a V. La sua popolazione, stimata di circa 500.000 individui, sembrerebbe essere in aumento.
Secondo i dati della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) la specie è estinta in Italia come nidificante, per via della caccia e della riduzione delle zone umide che abita, e l’ultima nidificazione documentata risale al 1920. Tuttavia è ancora possibile osservare questi uccelli durante la loro migrazione, dato che la nostra penisola si trova sulla loro rotta. Alcuni individui trascorrono l’inverno in Italia, in particolare nei dintorni di Pisa e in Sicilia, senza però riprodursi.
La quaglia tridattila
Un altro uccello che non è più presente in Italia è la quaglia tridattila (Turnix sylvaticus), un piccolo volatile di aspetto simile alla quaglia comune. Di colore sabbia con screziature marroni e grigiastre, la quaglia tridattila è notoriamente difficile da avvistare grazie al suo piumaggio criptico, complici anche se sue modeste dimensioni di appena 15 cm di lunghezza. Solitamente trascorre molto tempo al suolo, in pianure erbose o zone di macchia aperta, per cibarsi di insetti e semi, preferendo correre piuttosto che volare.
La sottospecie del Mediterraneo è ormai interamente scomparsa dall’Europa e al momento risulta essere ancora stabile solo in alcune zone del Marocco, mentre è abbondante in Africa e Asia tropicale, dall’India all'Indonesia. Per via del suo vasto areale la specie non è considerata minacciata dalla IUCN, tuttavia la sottospecie del Mediterraneo risulta in grave pericolo di estinzione.
Questo uccello è scomparso dalla maggior parte del suo areale nel corso del XX secolo ed è stato dichiarato ufficialmente estinto in Europa nel 2018, dove sopravviveva solo nella Spagna meridionale, diventando, di fatto, la prima specie di uccello ad essersi estinta nel continente dai tempi dell’alca impenne nel 1852.
Lo storione ladano
Lo storione ladano (Huso huso), conosciuto anche come storione beluga, è la specie più grande tra questi pesci, ampiamente sfruttato per la produzione di carne e caviale. Il suo aspetto primordiale rispecchia l’antichità del suo ramo evolutivo e gli individui più grandi possono superare i 7 metri di lunghezza, se maschi, e raggiungere anche i 9 metri, se femmine, per un peso massimo di 1500 kg.
Questa specie è globalmente considerata a rischio di estinzione in maniera critica: il suo areale al momento comprende il Mar Caspio e il Mar Nero, dove abita le zone costiere fino a 150 metri di profondità, e i principali fiumi che vi sfociano, come il Volga, l'Ural e il Danubio, che risale per riprodursi. La presenza di dighe che impediscono la risalita, l'uccisione delle femmine per l'estrazione delle uova e l’inquinamento dell’habitat minacciano seriamente questa specie.
In Italia è estinto da almeno 30 anni, se non oltre, e la sua presenza nel Mar Adriatico e nel fiume Po è attestata solo fino agli anni settanta. Nel 2018 è partito un progetto di reintroduzione di questo pesce nel Parco del Ticino, ma l’altissima mortalità dei pesciolini appena nati ha creato alcune difficoltà. I sopravvissuti hanno, però, dimostrato buone capacità di adattamento e uno di loro è stato pescato nel Mare Adriatico nel dicembre 2019.
La licena della bistorta
Non sono solo i vertebrati a risentire dell’effetto del cambiamento climatico e della riduzione di habitat, anche la licena della bistorta (Lycaena helle), una farfalla della famiglia Lycaenidae non è più presente sul territorio italiano. Questo insetto è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 1798, mentre l'ultima segnalazione risale al 1910. Secondo la IUCN è possibile che L. helle si sia estinta in Italia all'inizio del 900. Attualmente è ancora possibile trovarla dai Pirenei alla Norvegia settentrionale e dal Belgio orientale fino all'Asia centrale, alla Siberia e all'Amur, da maggio a luglio a seconda della località.