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4 Luglio 2024
9:00

5 consigli per un gatto felice dall’esperta di comportamento felino

Conoscere il tuo gatto, saperlo osservare e accettare la sua diversità sono alcuni dei consigli più utili che un'esperta di comportamento felino può darti per renderlo felice.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Rendere un gatto felice significa riuscire a trasformare in atti concreti la nostra capacità di osservare, di sospendere il giudizio e di dialogare con l'individualità unica e irripetibile che il Felis catus che vive con noi rappresenta. Di solito, la felicità degli animali – soprattutto dei gatti domestici – viene raccontata come un elenco di cose da mettere loro a disposizione: tiragraffi, giochi, cucce, lettiere, interazioni ludiche, controlli veterinari.

Io da esperta consiglio innanzitutto di provare a sviluppare una maggiore consapevolezza di chi siamo, di come e perché entriamo in relazione con loro. Come poi arriviamo a realizzare nel concreto tutto questo è una diretta conseguenza. La mia pignoleria per un uso consapevole delle parole mi spinge, prima di tutto, a partire dalla definizione di felicità per un gatto.

Il gatto felice è, banalmente, un gatto che può fare ed essere… gatto. È una creatura che nell’ambiente in cui vive trova piena accoglienza (cioè possibilità di perseguimento) dei suoi bisogni di specie e delle sue tendenze individuali (essere gatto) e ha la possibilità di sviluppare in autonomia delle strategie (fare il gatto) che gli consentano di soddisfarli al meglio, in un’ottica di adattamento al contesto.

Molto spesso questa prospettiva di felicità viene osteggiata dalle aspettative che noi esseri umani riversiamo sui gatti: vogliamo che siano affettuosi, che siano fedeli, che vivano accanto a noi e non si allontanino mai, vogliamo essere corrisposti nell’amore che portiamo loro e che si comportino docilmente. Molto spesso è proprio sotto questo cumulo di richieste implicite che nascono i problemi di relazione uomo-animale che il gatto evidenzia attraverso comportamenti che etichettiamo come “problematici” ma che sono in realtà le spie delle distorsioni relazionali che contribuiamo ad alimentare.

Dovendo stabilire un elenco di consigli per perseguire la felicità del gatto, allora, partirei sicuramente dalla conoscenza, del gatto e di noi stessi.

Conoscere meglio il gatto

Il primo passo per realizzare la felicità del gatto è conoscere… il gatto che, per me, significa informarsi in modo dettagliato su quali siano le sue caratteristiche biologiche, le dotazioni che l’evoluzione ha forgiato e gli ha messo a disposizione, comprenderne il linguaggio e imparare ad interpretarlo al meglio possibile, sganciandoci da antropomorfizzazioni spontanee. Questo andrebbe fatto prima ancora di approcciarci al nostro specifico gatto, come forma di prevenzione.

Saperlo osservare con saggezza

Avere una base conoscitiva riguardo la specie è importante ma poi bisogna anche saper usare queste informazioni. Mi è capitato spesso di incontrare persone che avevano letto tanti libri sui gatti, partecipato a tanti webinar e frequentato tanti corsi senza, tuttavia, aver sviluppato una capacità altrettanto importante che è saper osservare il comportamento dei gatti, evitando etichette e interpretazioni a tutti i costi. Saper osservare, appuntare mentalmente e collezionare dati, informazioni, percezioni e saperle organizzare con cautela è un altro aspetto della conoscenza.

Saper accogliere la sua diversità

Un altro passaggio fondamentale è sviluppare la capacità emotiva di accogliere la diversità che il gatto porta in sé. Il gatto non è un cane ma non è nemmeno un bambino, non è un essere umano. È un’entità biologica inscritta in un profilo di specie che lo determina in alcune caratteristiche di base e che si individualizza, poi, nel suo essere soggetto unico, irripetibile.

Accogliere la diversità significa saper accettare che il mio gatto è altro da me ed è titolare della sua autonomia. Questo è l’antidoto migliore per evitare di proiettare sul gatto aspettative personali, dipendenze emotive, richieste affettive per lui insostenibili.

Mettersi al servizio

Come avrete notato, fin qui non ho annoverato consigli “concreti” ma, direi, attitudinali. E l’ho fatto non perché gli aspetti concreti non abbiano rilevanza ma perché sono nulla se non vengono integrati da un modo di vivere il nostro legame basata sulla conoscenza e sulla consapevolezza di come ci poniamo all’interno della relazione.

Mettersi al servizio è un consiglio a mezzo via tra la concretezza e l’attitudine perché significa saper sia mostrare disponibilità all’ascolto delle caratteristiche del gatto, sia saper rinunciare ad un po’ di sé per dar spazio a queste caratteristiche.

Adattare gli spazi (interni ed esterni)

Aprirsi alla relazione con il gatto ha anche risvolti pratici che su Kodami sono stati ripetutamente ribaditi:

  • garantendo cure mediche e sanitarie in modo da tutelare la salute offrendo un’alimentazione bilanciata al meglio delle possibilità ma anche delle credenze di ciascuno;
  • adattando l’ambiente fisico alle caratteristiche del gatto e, quindi, predisponendo soprelevazioni e tiragraffi;
  • fornendo molteplicità di ciotole, di lettiere, di occasioni di gioco;
  • garantendo il contatto con l’esterno perché questo è protettivo rispetto a moltissime alterazioni comportamentali ed emotivo-motivazionali;
  • assicurando delle interazioni piacevoli, rassicuranti, basate sull’intimità e la sintonia affettiva più che sul contatto fisico o la sua continuità.
Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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