Almeno cento elefanti sono morti nel Parco di Hwange, il più grande parco nazionale dello Zimbabwe, a causa del prosciugamento delle pozze d'acqua dovuto alla siccità. «Una stagione secca prolungata ha ridotto le pozze d’acqua, un tempo abbondanti, a pozzanghere fangose» ha infatti annunciato il Fondo internazionale per il benessere degli animali (IFAW) sottolineando che «almeno cento elefanti risultano già morti a causa della mancanza d'acqua».
Una notizia che richiama alla mente quanto già accaduto nel 2019 quando, sempre secondo IFAW «più di 200 elefanti sono morti nello Zimbabwe a causa della grave siccità. Questo fenomeno si sta ripetendo ora a causa della prolungata stagione secca nel Parco Nazionale Hwange. Altre migliaia di animali selvatici sono morte tra il 2018 e il 2023 a causa della siccità nel Corno d’Africa».
Mentre a Dubai si stanno concludendo proprio in queste ore le controverse contrattazioni fra le delegazioni dei paesi partecipanti alla COP28 dedicata alla lotta al cambiamento climatico, dall’Africa arriva quindi un’altra conferma di quanto questi cambiamenti stiano trasformando il paesaggio mondiale e di quali conseguenze abbiano sulla conservazione animale. «Queste morti – commenta l’esperto dell'IFAW Phillip Kuvawoga – devono essere viste come un sintomo di sfide profonde e complesse che riguardano la conservazione delle risorse naturali della regione, aggravate dal cambiamento climatico».
Il Parco nazionale Hwange, riserva dello Zimbabwe al confine con il Botswana, è ricco di una delle maggiori concentrazioni di selvatici di tutta l’Africa ed è famoso per essere stato la casa del leone Cecil, che proprio qui fu ucciso come trofeo di caccia dal dentista americano Walter Palmer nel 2015, scatenando un’ondata di indignazione senza precedenti. Secondo l’allarme lanciato dal Fondo internazionale per il benessere degli animali (IFAW) dall’inizio della stagione secca qui sono morte di sete dozzine di elefanti e potrebbero continuare a morire anche nel 2024, perché secondo le previsioni la mancanza di piogge non si è ancora esaurita.
«La siccità indotta da El Niño, che secondo le previsioni una volta superato l’attuale picco di intensità alla fine di questo mese continuerà fino alla metà del 2024, prosciuga gli abbeveratoi – spiega IFAW. – Sebbene Hwange disponga di 104 pozzi alimentati a energia solare che forniscono acqua alla fauna selvatica, tra cui 45.000 elefanti, le autorità affermano che ciò non è sufficiente e non può competere con le temperature estreme che prosciugano le pozze d'acqua esistenti, costringendo la fauna selvatica a percorrere lunghe distanze alla ricerca di cibo e acqua». Situazione che era già stata denunciata a settembre dalla Zimbabwe Parks and Wildlife Management Authority che aveva riferito di come “molti animali” si spostavano dal parco nazionale al vicino Botswana in cerca di acqua e cibo. «Ci affidiamo all’acqua artificiale perché le nostre acque di superficie sono diminuite – spiega Daphine Madhlamoto, ecologista dello Zimparks presso il Parco nazionale di Hwange. – Poiché gli elefanti dipendono dall’acqua, stiamo registrando un numero maggiore di decessi».
Siccità e inondazioni anomale, strettamente connesse con i cambiamenti climatici in atto, si dimostrano quindi sempre più connessi con i problemi legati alla conservazione animale, perché alimentano il conflitto tra uomo e fauna selvatica. Proprio come annunciato dal Rapporto ONU sul clima del 2022 secondo il quale, valutando lo stato di salute di decine di migliaia di specie a livello globale, il 48% delle specie animali e vegetali è a rischio estinzione.
Un problema sempre più sentito in un territorio dove le comunità rurali che vivono in zone cuscinetto di aree protette subiscono frequenti danni ai raccolti, alle proprietà o alle persone proprio a causa di questo conflitto, aumentando di fatto le collusioni con i bracconieri e la loro caccia selvaggia. «La siccità distrugge le fonti di cibo e gli habitat critici, spingendo la fauna selvatica a cercare rifugio nelle aree in cui vivono gli esseri umani – aggiunge l’IFAW – Inoltre, provoca il caos sulla produzione alimentare umana, spingendo le persone ad abbandonare le aree protette per cacciare la fauna selvatica come meccanismo di reazione».