video suggerito
video suggerito
19 Giugno 2024
12:48

Vivere in coppia dentro un canile fa stare meglio gli ospiti, a patto che vi sia compatibilità: lo studio

Insieme nel box del canile si vive meglio: uno studio testimonia l'importanza di condividere la vita anche nelle strutture per i cani che sono una specie altamente sociale. L'importante è che la coppia sia valutata prima della convivenza che comunque è forzata per entrambi.

501 condivisioni
Immagine

Uno studio appena pubblicato lancia un messaggio molto chiaro a chiunque ancora e purtroppo gestisce canili e rifugi con cani rinchiusi nei box senza momenti di socializzazione e privi di altre forme di interazione: i cani sono animali sociali e stare insieme a un "amico" fa stare meglio chi è obbligato a vivere senza una famiglia di riferimento, dentro una struttura.

«I cani sono spesso ospitati da soli per ridurre gli infortuni e la diffusione delle malattie – scrivono i ricercatori nell'abstract dell'articolo – Tuttavia, l’isolamento sociale può essere un fattore di stress. Studi precedenti hanno suggerito che il "cohousing" può produrre benefici comportamentali e fisiologici. Questi studi si sono generalmente concentrati su cani da laboratorio o cani da rifugio che sono stati rinchiusi per diversi mesi».

Partendo da questa osservazione, gli esperti hanno voluto valutare se anche nei canili e nei rifugi la permanenza obbligatoria vissuta in coppia potesse migliorare la qualità della vita dei cani ospiti, soprattutto considerando che «vivere in coppia potrebbe, a breve termine, essere più stressante poiché i cani devono affrontare nuove situazioni sociali in spazi ristretti».

I ricercatori hanno così studiato gli effetti comportamentali e fisiologici su alcuni cani presenti in canile sia da soli che messi in  coppia, la maggior parte dei quali erano recentemente entrati nel rifugio. «Abbiamo raccolto dati comportamentali su 61 soggetti (30 alloggiati in una sola casa; 31 alloggiati in coppia) ogni giorno per sette giorni; abbiamo anche raccolto l'urina per l'analisi del cortisolo (cd "ormone dello stress" ndr) – hanno sottolineato nello studio –  Abbiamo riscontrato che i cani in coppia erano impegnati in tre comportamenti legati allo stress (leccarsi le labbra, piagnucolare e tenere le orecchie indietro) significativamente meno frequentemente rispetto ai cani alloggiati in una sola casa. Quando abbiamo analizzato la variazione del cortisolo abbiamo scoperto che i cani tenuti in coppia generalmente mostravano una maggiore diminuzione dei livelli rispetto a quelli da soli … Nel complesso abbiamo riscontrato che l’alloggiamento in coppia ben assortito può avere benefici sia immediati che finali in termini di benessere per i cani in canile».

È molto importante sottolineare un punto di questo studio: i cani che sono stati messi in coppia erano stati precedentemente valutati per compatibilità ("ben assortito"). Non si deve infatti pensare che tutti vadano d'accordo o che ognuno abbia desiderio di stare con qualcun altro. Come noi, i cani scelgono chi frequentare, chi considerare un amico, chi un semplice conoscente e anche chi tenere alla larga all'interno della loro stessa specie e pure nei confronti di noi umani.

Il lavoro svolto, dunque, ha tenuto conto dei profili caratteriali e delle personalità dei soggetti coinvolti e questo aspetto può far riflettere chi passa il tempo anche a fare volontariato per comprendere quanto sia importante relazionarsi con ogni cane di canile in modo diverso e agli adottanti per partire con il piede giusto, ovvero che "l'amore a prima vista" sicuramente esiste ma che è sempre bene approfondire la conoscenza prima di portare un cane a casa, onde evitare che poi debba subire il trauma di un secondo abbandono se le cose non vanno per il verso giusto.

Molto spesso, infatti, accade proprio il contrario di quanto emerso da questa ricerca: sono tantissimi i canili in cui in box striminziti vengono accumulati cani. Dal punto di vista legislativo è bene precisare che non esiste una "misura" valida per tutte le Regioni. Come ha scritto infatti l'avvocato Salvatore Cappai su Kodami: «Si può dire, in via di approssimazione, che le norme vigenti a livello locale richiedono circa 8 metri quadrati di spazio minimo per un cane, con aumenti di superficie se gli animali sono in numero maggiore. Alcuni enti sono ancora più generosi e arrivano a richiedere spazi sino a venti metri quadri (soprattutto se non sono garantite al cane passeggiate quotidiane)». Detto ciò, però, al di là del non rispetto delle leggi quello che si verifica è che individui non affini vengono spesso costretti alla convivenza, soprattutto in rifugi privati e, anche, in canili in cui latitano le verifiche e i controlli necessari finalizzati appunto al valutare la corretta gestione e il benessere degli ospiti.

I comportamenti a cui fanno riferimento i ricercatori, poi, rientrano nel range dei cosiddetti "segnali calmanti" e relativi "segnali di pacificazione". Sono appunto atteggiamenti che i cani mettono in atto per comunicare il proprio stato d'animo sia nei confronti dei conspecifici che di altri esseri viventi, umani in primis con cui dalla notte dei tempi si sono affiancati in un millenario percorso di coevoluzione.

Ciò che un giorno davvero sarebbe auspicabile, comunque, è che studi come questi servano in realtà a far sì che non vi siano più gabbie nei canili ma spazi condivisi con gruppi sociali appunto ben organizzati e valutati da chi opera nelle strutture. In Italia ci sono realtà come il Dog Ranch in Liguria (che ora si chiama Dogs Community Squat) o Riot Dogs in Emilia Romagna in cui gli ospiti sono liberi di muoversi in aree condivise. Anche a Napoli, c'è chi sta attento proprio all'aspetto della convivenza fuori dai box, come accade nell'oasi "L'emozione non ha voce" di Luigi Carrozzo che è organizzata in modo che i cani possano vivere in gruppetti nelle diverse zone del rifugio. Si tratta di piccoli avamposti di un nuovo modo di vivere la cinofilia e che fortunatamente sono sempre più frequenti nel Belpaese.

Avatar utente
Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views