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6 Maggio 2024
16:14

La candidata di Trump alla vicepresidenza Usa: «Ho ucciso il mio incapace cane da caccia. Lo odiavo»

Polemica negli Stati Uniti per le dichiarazioni della candidata alla vice presidenza nel caso di vittoria di Trump. Ha ucciso il suo cane e subito dopo anche un caprone a colpi di fucile. Entrambi erano "animali di famiglia"

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Ha ucciso il suo cane perché lo odiava. Sic et simpliciter: così ha raccontato nella sua biografia Kristi Noem, la candidata alla vicepresidenza al fianco di Donald Trump e attuale governatrice del Sud Dakota.

Si chiamava Cricket la sfortunata Cane da ferma tedesco a pelo duro che ha incontrato nella sua breve vita un'umana di questo genere. La cagna avrebbe dovuto partecipare alle battute di caccia di cui è una fervente appassionata Noem ma – secondo quanto da lei direttamente raccontato – la sua colpa è stata di avergliene rovinata una, inseguendo gli uccelli e facendo poi danni in giro, andando a predare le galline dei vicini.

Insomma, Cricket non era un "perfetto" cane da attività venatoria e secondo l'esponente repubblicana era talmente incapace da «non imparare nulla» e «non c'era altra soluzione» che ucciderlo. E così ha fatto la probabile spalla destra di Trump, qualora quest'ultimo sia rieletto alla presidenza degli Stati Uniti, sottolinenando pure che in fondo lei quel cane lo odiava e di averlo fatto di suo pugno togliendogli la vita a 14 mesi.

Mentre nel Paese si è scatenato un dibattito pubblico con una conseguente ondata di critiche negative nei confronti della governatrice, considerando che gli americani sono molto legati ai cani e che la presenza media di un quattro zampe nelle famiglie è molto elevata su tutto il territorio nazionale, Noem non si è fermata qui e in una recente intervista alla CBS ha dichiarato che Biden avrebbe dovuto fare lo stesso con Commander, il Pastore Tedesco che alla Casa Bianca si è reso protagonista di alcuni comportamenti aggressivi nei confronti dei dipendenti. Secondo la governatrice repubblicana, l'attuale Presidente Usa doveva fare in modo che «Commander dicesse "ciao" a Cricket», ovvero di ucciderlo allo stesso modo.

Quello che emerge dal dibattito che si è scatenato in Usa è un tema che colpisce duramente la relazione con i cani, che va a toccare le corde di un rapporto che non è più – per fortuna – concepito solo come utilitaristico ma che fa emergere la sensibilità collettiva delle persone che considerano il cane un membro della famiglia e non uno strumento per soddisfare le proprie necessità, qualsiasi esse siano e in questo caso legate appunto alla funzione venatoria che già c'è da chiedersi quanto sia davvero utile all'essere umano oggi.

La notizia è rimbalzata negli Usa in realtà dal Regno Unito dopo un articolo sul Guardian in cui è emersa questa parte della biografia di Noem in cui viene messo in evidenza proprio come storie molto poco edificanti di cani maltrattati hanno segnato il cammino di diversi esponenti politici negli Usa. Il giornalista Martin Pengelly, infatti, inizia il pezzo proprio ricostruendo la storia del Paese attraverso i passi falsi compiuti da personaggi come Richard Nixon, che nel 1952 ammise di aver ricevuto Checkers, il suo cane, come dono per la sua carriera politica durante il periodo proprio di campagna per le elezioni dell'epoca. Un altro repubblicano fu protagonista negativo di un altro caso: Mitt Romney, durante la campagna elettorale nel 2012, raccontò infatti di aver legato il suo cane, Seamus, al tetto dell'auto per fare un tour degli Stati Uniti insieme alla famiglia.

Sui media italiani la notizia sta iniziando a circolare ma priva di grandi dettagli che invece il Guardian fornisce e che fanno comprendere la totale incapacità di questa donna nel mettersi in relazione con un cane adolescente che stava esprimendo un comportamento dettato, probabilmente, dal contesto e da una personalità diversa da quella che ci si aspetta dai cani da caccia, come se fossero tutti uguali e tutti privi di una propria personalità. Noem afferma infatti di aver fatto quello che per lei era necessario (tra cui mettere anche un collare elettrico a Cricket) per addestrare la cagna, facendole frequentare cani adulti per abituarla alla caccia al fagiano ma «andava fuori di testa per l'eccitazione: era inadestrabile, si comportava come un assassina e aveva provato anche a mordermi quando avevo cercato di fermarla mentre uccideva i polli».

In ogni caso, al di là delle spiegazioni che la governatrice prova a dare, c'è quella frase scritta nero su bianco che la classifica, che fa capire la sua insensibilità e il completo disinteresse per la vita che ha eliminato. E' quando scrive chiaramente: «Odiavo quel cane, era meno che inutile… E ho capito che dovevo ucciderla. Non è stato un lavoro piacevole ma doveva essere fatto. E una volta finito, mi sono resa conto che c’era bisogno di fare un altro lavoro spiacevole».

Eh sì, perché orrore nell'orrore il racconto non si ferma lì. La sua famiglia aveva anche un caprone che era «molto cattivo perchè non l'avevamo castrato» e così Noem dopo aver ucciso la cagna, ha provveduto ad eliminare anche lui, sottolineando che era un animale dall'odore «disgustoso e rancido che amava inseguire i miei figli, rovinando loro i vestiti».

Il caprone ha fatto una fine – se è possibile – anche peggiore di Cricket: raggiunto da un colpo di fucile non è morto, così la donna ha dovuto recuperare un altro proiettile dal furgone, tornare sul luogo in cui il caprone era rantolante e «abbatterlo definitivamente».

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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