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8 Luglio 2024
9:00

I gatti soffrono per la perdita di un loro simile?

I gatti possono soffrire per la perdita di un loro simile, ma potrebbero anche non farlo. Non esistono studi che lo confermano, ma alcuni comportamenti lasciano pensare che, a volte, i gatti possono vivere un vero e proprio lutto.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I gatti possono soffrire per la perdita di un loro simile e possono vivere un periodo di lutto. Ma possono anche non farlo affatto. Al momento non esistono studi sperimentali a riguardo, ma esistono aneddoti che lasciano pensare che, a volte, i gatti possono vivere un vero e proprio lutto. Che questo accada dipende, però, dal tipo di legame esistente con il simile scomparso.

I gatti vivono il lutto?

Al momento esistono solo degli aneddoti riguardo al lutto per la scomparsa di un proprio simile nel gatto domestico. Il discriminante sembra essere soprattutto il tipo di legame pregresso. Un gatto che abbia convissuto anche per un decennio o più con un altro ma che lo abbia percepito sempre come competitore scomodo, una minaccia per la sua incolumità o qualcuno da evitare il più possibile, infatti, potrebbe persino vivere con sollievo la dipartita del suo convivente.

Questo non deve scandalizzarci perché il fine ultimo di tutti gli esseri viventi è il migliore adattamento possibile all’ambiente e in questo i gatti non fanno eccezione, soprattutto se nel loro ambiente viene a mancare qualcuno che rendeva loro la vita più difficile.

Come si comporta un gatto in lutto

D’altra parte, gatti con legami molto forti, magari risalenti all’infanzia, possono mostrare una varietà di comportamenti che riflettono il loro stato emotivo luttuoso, mediati dalla loro personalità.

Alcuni gatti possono manifestare delle alterazioni alimentari per cui mangiano di più o di meno. La perdita dei riferimenti sociali di sempre può renderli inattivi, depressi, tristi per un periodo più o meno lungo.

Alcuni gatti, soprattutto nei giorni successivi al decesso, possono aggirarsi per casa vocalizzando malinconicamente, dando la sensazione che stiano chiamando o cercando il compagno o la compagna.

Altri possono diventare più inquieti, mai appagati o possono ricercare con più insistenza il contatto con i loro umani (però questo può accadere anche in gatti sollevati dal fatto che non c’è più l’altro a competere per le attenzioni del petmate).

Quanto ci mette un gatto a dimenticare un altro gatto

Quanto si impiega a superare un lutto? Quanto si impiega ad adattarsi ad un cambiamento nella propria vita? Dipende. Non esiste mai una risposta univoca a questa domanda, proprio perché la reazione alla dipartita di un convivente dipende dalla storia pregressa, dal tipo di legame, oltre che dai sostegni sociali che il gatto trova nel suo ambiente di vita.

Come aiutare il gatto a superare il lutto

Esattamente come accade tra essere umani, il modo migliore per aiutare un gatto a superare il lutto – se lo stesse manifestando – è garantirgli la nostra presenza emotiva. Questo significa mostrare la sensibilità di non avere fretta di vederlo tornare il gatto di prima ma, anzi, confermargli il nostro affetto, il mantenimento delle solite routine (soprattutto quelle a lui più gradite), la compagnia e il contatto, quando vengano richiesti. Il messaggio dovrebbe essere «noi ci siamo, siamo qui per te, quando vuoi, come sempre».

Il lutto è normalmente una fase transitoria di adattamento che può essere superata solo se il gatto trova ascolto delle sue esigenze emotive nell’ambiente in cui è inserito. Se ci facciamo prendere dall’ansia o dalla preoccupazione, rischiamo di trasmettergli emozioni che lo mettono ulteriormente in crisi invece di aiutarlo.

Anche per questo sarebbe il caso di evitare di inserire un nuovo gatto con l’idea che “sostituisca” quello scomparso. Il lutto non si supera sostituendo i partner ma dandosi tempo, elaborandolo, attraversandolo e integrando la consapevolezza che il nostro mondo interno ed esterno è ancora integro malgrado la mancanza dell’altro.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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