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22 Settembre 2024
17:00

Covid, un nuovo studio conferma l’ipotesi “spillover” nel mercato di Wuhan: al centro cani procioni e zibetti

Analizzando nuovamente i campioni raccolti nei primi mesi della pandemia, il team di ricercatori ha individuato le specie animali che potrebbero essere diventati ospiti intermedi del virus.

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cane procione

Molto si è detto e scritto sulle origini della pandemia di Covid-19, e le ipotesi messe sul tavolo sono state diverse, alcune decisamente “fantasiose”. Le due più accreditate sono quelle di una “fuga” accidentale del nuovo coronavirus, Sars-CoV-2, da un laboratorio, e del contagio dell’uomo attraverso un ospite intermedio, ovvero un animale.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cell tenta adesso di fare luce sulle origini della pandemia da Covid-19 tornando a Wuhan, in Cina, e al suo mercato all’ingrosso di animali vivi, indicato già in passato come epicentro della pandemia. Il team di ricercatori guidato da scienziati del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs), dell'Università dell'Arizona e della Scripps Research in California, ha infatti identificato alcune specie animali che potrebbero essere diventate “ospiti intermedi” per il SARS-CoV-2, il virus che ha generato la pandemia da Covid-19, specie presenti già alla fine del 2019 nel mercato di Huanan.

«Sebbene l'identità di specie di un ospite intermedio tra i pipistrelli ferro di cavallo, probabile serbatoio di coronavirus simili a SARS-CoV-2, e gli esseri umani rimanga sconosciuta – spiegano i ricercatori – la nostra analisi fornisce nuove informazioni su questa questione ancora aperta determinando le specie di mammiferi presenti nel mercato con risoluzione di specie e sottospecie. Questi risultati mostrano che erano presenti diversi plausibili ospiti intermedi di SARS-CoV-2 al mercato cui il Covid-19 è stato collegato per la prima volta epidemiologicamente. Non è possibile concludere quale di queste specie possa essere stata infettata e/o aver introdotto il virus nel mercato soltanto dai dati raccolti, tuttavia la nostra analisi fornisce un elenco breve e attuabile di specie con dettagli genotipici».

Delle specie selvatiche rilevate nei campioni ambientali positivi al SARS-CoV-2, quattro sono state precedentemente implicate nella trasmissione interspecie del coronavirus dei pipistrelli attraverso il commercio di animali: cani procioni, civette delle palme mascherate, ratti canuti del bambù e istrici malesi. I ricercatori hanno analizzato i dati pubblicati dal Cdc cinese, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, provenienti da oltre 800 campioni raccolti nel mercato di Huanan e nei dintorni a partire dall'1 gennaio 2020 e dai genomi virali segnalati dai primi pazienti, e hanno cercato potenziali correlazioni tra questi animali, il mercato e il SARS-CoV-2.

Analizzando i campioni con innovative tecniche di sequenziamento, gli scienziati hanno trovato materiale genetico del virus SARS-CoV-2 e di alcuni animali selvatici risultati suscettibili al contagio che venivano venduti nel mercato. Il cane procione comune è stata la specie animale più abbondantemente rilevata nelle bancarelle campionate il 12 gennaio e in quella con il maggior numero di campioni positivi al SARS-CoV-2. Anche lo zibetto, venduto al mercato, è considerato suscettibile al contagio, mentre la suscettibilità dei ratti del bambù, dei porcospini malesi e dei ricci dell'Amur (altri animali venduti sulle bancarelle) rimane sconosciuta, ma per gli scienziati queste specie dovrebbero essere considerate prioritarie per i test di suscettibilità.

Lo studio, complesso e molto articolato, sembra inoltre smentire che fossero presenti nelle bancarelle campionate pipistrelli vivi o pangolini durante il periodo di tempo rilevante per l'emergere di SARS-CoV-2, il che rafforza l’ipotesi che il virus sia passato appunto da ospiti intermedi.

«L’elevata intensità del contatto tra esseri umani e animali nei mercati suggerisce che una volta che gli animali infetti da un virus altamente trasmissibile arrivano in un mercato, è probabile che si verifichino più eventi zoonotici – sottolineano i ricercatori – È noto da tempo che gli spillover zoonotici nei mercati di animali selvatici presentano rischi di emergenza virale. Sono state documentate anche trasmissioni interspecie di coronavirus dei pipistrelli ai mammiferi nel commercio di animali selvatici tra porcospini malesi e ratti del bambù (Rhizomys pruinosus). I coronavirus sono stati segnalati in civette delle palme mascherate, cani procioni e ricci dell'Amur nei mercati di animali selvatici, e sebbene i parenti più stretti del SARS-CoV-2 fino a oggi siano stati trovati nei pipistrelli, altri virus strettamente correlati sono stati trovati nei pangolini commerciati illegalmente in Asia».

«Qualsiasi ipotesi sull'emergere del Covid-19 deve spiegare come il virus sia arrivato in uno dei soli quattro mercati di animali selvatici vivi documentati in una città delle dimensioni di Wuhan in un momento in cui così pochi esseri umani erano infetti – concludono gli scienziati – Le introduzioni umane legate al commercio di animali offrono una spiegazione per questo, e l'introduzione del virus da parte di un commerciante di animali o di un allevatore non può essere esclusa, anche se queste ipotesi sono contestate da prove filodinamiche di molteplici ricadute. L'introduzione da parte di un commerciante di animali infettato da animali a monte del mercato è ulteriormente contestata dalla probabilità che le catene di trasmissione dipendenti da un singolo essere umano si estinguano mentre un'interfaccia sostenuta tra animali infetti ed esseri umani in un mercato ha maggiori probabilità di determinare l'istituzione di un'epidemia».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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