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27 Settembre 2024
11:48

Bracconieri avvelenano la carcassa di un cervo ma vengono traditi dalle loro fototrappole

Alcuni allevatori sono stati ripresi dalle loro stesse fototrappole mentre avvelenano la carcassa di un cervo. Secondo la Polizia il loro intento era quello di uccidere i lupi. È successo in Lombardia, ed è il primo episodio di bracconaggio ai danni del lupo scoperto dalle Forze dell'Ordine nella provincia bergamasca.

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Due allevatori hanno avvelenato la carcassa di un cervo e l'hanno lasciata a disposizione dei grandi carnivori presenti nella zona: i lupi. È successo nell’Alta Valle Seriana, in Lombardia, e si tratta del primo episodio di bracconaggio contro il lupo nella provincia di Bergamo.

I fatti risalgono a questa primavera, quando gli agenti del nucleo ittico-venatorio della Polizia provinciale hanno rinvenuto la carcassa del cervo in località Gromo S.Marino-Ronchello. A sorprendere gli agenti non è stata la presenza dell'animale morto, vista la forte presenza di questi ungulati nella zona, ma il liquido bluastro che fuoriusciva abbondantemente dal corpo, e ad insospettirli ancora di più è stata una fototrappola posizionata in modo da riprendere l'animale morto.

Subito la Polizia ha ipotizzato che il cervo, probabilmente trovato già morto dai due bracconieri, possa essere stato intriso di veleno con l’intenzione di costituire una vera e propria esca per i carnivori. A confermare questa ricostruzioni sono state le analisi condotte dall'Istituto Zooprofilattico che hanno confermato che il liquido bluastro era glicole etilenico, sostanza comunemente usata nei liquidi antigelo e spesso usata per le esche avvelenate.

Con il coordinamento della Procura della Repubblica è stato predisposto un accertamento anche sulla fototrappola strategicamente posizionata. La visione non ha lasciato dubbi: decine di fotogrammi immortalano due soggetti, conosciuti dalla Polizia provinciale, dei quali uno in «atteggiamenti inequivocabili nei quali appare chinato sulla carcassa di cervo mentre inietta con una siringa il liquido poi rivelatosi glicole etilenico», si legge in una nota della Provincia bergamasca.

I due soggetti, due allevatori dell’alta valle Seriana, sono stati quindi deferiti in stato di libertà e dovranno rispondere dei reati di tentata uccisione di animali e uso di esche e bocconi avvelenati. È nota da tempo la presenza stabile di un branco di lupi a Gandellino, al quale si aggiunge un nuovo branco formatosi tra la Val Brembana e la Val Serina e la presenza di altri esemplari in dispersione sul resto del territorio.

Questi animali sono percepiti dagli imprenditori zootecnici come una minaccia, soprattutto da coloro che praticando l'allevamento in modo "amatoriale" e che quindi spesso non utilizzano tutti i sistemi per difendersi dalle predazioni. Una coesistenza sempre più complessa a seguito della espansione del lupo, come spiega il comandante della Polizia provinciale di Bergamo, Matteo Copia: «Il tentativo di avvelenamento posto in essere a Gandellino, per quanto maldestro, non può certo essere la soluzione ai conflitti derivanti dalla presenza del lupo: siamo in una fase di ricolonizzazione per la quale l’eliminazione, benché illegale e perseguibile, di alcuni esemplari di Lupo sarebbe completamente ininfluente ai fini della presenza della specie sul territorio, con il rischio invece di destrutturare il branco che attualmente occupa quei territori esponendoli all’arrivo di nuovi esemplari e all’aumento delle predazioni».

Sulla vicenda sono intervenute in queste ore anche le associazioni di tutela animale. Tra queste, la LNDC Animal Protection ha puntato il dito contro il Governo Meloni: «Con le sue politiche ambigue e il linguaggio spesso incendiario, ha contribuito a creare un ambiente in cui gli animali vengono visti come un problema da eliminare piuttosto che come esseri viventi da proteggere. Le dichiarazioni pubbliche che demonizzano gli animali selvatici e giustificano la loro uccisione hanno un impatto diretto sulle mentalità e sulle azioni dei cittadini».

Secondo la presidente dell'associazione, Piera Rosati, sono pochi gli strumenti a disposizione della Giustizia per evitare il ripetersi di simili episodi: «Uccidere un animale è una cosa abominevole, ma farlo tramite l’avvelenamento è ancora più crudele perché causa sofferenze indicibili. Chiediamo un cambio di rotta da parte del Governo e della politica tutta, affinché si adotti un approccio più rispettoso e protettivo nei confronti della fauna selvatica. È cruciale implementare leggi più severe contro la crudeltà verso gli animali e sviluppare politiche che promuovano la convivenza sostenibile piuttosto che l'ostilità. La vita degli animali selvatici è un patrimonio da tutelare, non un problema da risolvere. È fondamentale che le istituzioni si impegnino non solo a punire i colpevoli, cosa che purtroppo ad oggi non avviene ancora in modo adeguato, ma anche a promuovere campagne di sensibilizzazione per educare la popolazione sull’importanza della biodiversità e della coesistenza pacifica tra esseri umani e animali».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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